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UNA SCELTA DIFFICILE

UNA SCELTA DIFFICILE
Molti ragazzi nel surf hanno paura d’imparare perché hanno paura di fallire. Preferiscono rimanere delle seghe piuttosto che perdere l’illusione per sempre di saper surfare.
Non vivono sull’oceano e non hanno iniziato a surfare da bambini. Vivono in Italia, spesso lontano dal mare, ed hanno iniziato in età adulta.  Con questi presupposti il surf, ovvero l’up and down fluido, veloce e sicuro in parete liscia non si impara mai, o quasi. Le surfate si riducono a simil-onde spumose, o simil-pareti di qualche attimo fugace, senza dominio di se’, senza arte e senza grazia.
Non sono disposti a mettersi in gioco, ad investire su se stessi perché alla base non credono in loro stessi, hanno totale sfiducia nelle loro potenzialità e capacità e perdono prima ancora di avere tentato, di essersi dati delle reali possibilità. Non sanno che per vincere bisogna fallire e gioire dei propri fallimenti quali unica causa dei successi.
Bisogna fallire accettando di fallire. Solo dal fallimento ha origine la conquista di qualcosa di nuovo e l’affermazione di se’ su se stessi. Troppi ragazzi oggi possiedono toppo poca autostima, vivendo di realtà virtuali, fotografiche selfistiche che rappresentano concetti ed emozioni, un surrogato vuoto di una realtà non vissuta se non nella sfera dell’ideale che pretende d’essere vera per gli altri, ma sterile per noi stessi.
Il surf è un miraggio perfetto nella loro mente, un’oasi dove rifugiarsi da tutte le brutture della vita quotidiana, ma essendo consci di quanto sia irreale nella loro scarsissima realtà surfistica è preferibile allontanare da se qualsiasi ipotesi di fallimento che li possa far rinunciare al sogno che rinnovano ogni giorno entrando in acqua illudendosi di surfare.
Dopo anni di mute, di tavole, di viaggi e d’inverni a mollo preferiscono conservare una meravigliosa illusione del surf piuttosto che una pessima accettazione del loro umiliante basso livello surfistico. Scelgono di non progredire, di non fare un salto di livello, di non dare una svolta all’apprendimento perché in fin dei conti è fatica e si rischia di fallire, meglio restarsene protetti dallo scudo di tutti quelli che come loro, una moltitudine di pseudo-surfer italiani, li fanno sentire nel giusto, a casa loro nella culla dei sogni comuni. In definitiva nel gregge si sta caldi e protetti.
Il surf in Italia con 30/50 session l’anno non s’impara neppure dopo dieci anni o quindici anni, a meno di non investire su se stessi, studiando e applicandole tecniche precise con tenacia, ardore e dedizione per almeno un inverno pieno. Non esiste purtroppo in Italia un’altra via seria ed efficace all’apprendimento se non la facile ed economica fuga nella comune auto-accettazione della mezza-sega in favore di una moderna e vuota realtà surfistica tanto ridicola quanto italiana.
Chi è causa del suo mal pianga se stesso!
Buone onde…
Aloha,
Spartaco

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