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LOCALS ONLY

Ospiti o Invasori, Il lato oscuro del surf

di Gabriele Concato

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Il surf è uno dei pochi linguaggi che riesce a parlare al corpo, alla mente e allo spirito allo stesso tempo. È gesto fisico, ma anche meditazione. È contatto con la natura, ma anche dialogo con se stessi. Chi lo vive davvero sa che ogni sessione è molto più di una semplice performance sportiva: è un rituale, una danza, una resa.

Ma dietro l’immaginario patinato fatto di tramonti dorati, di sorrisi in lineup e di onde da sogno, si nasconde una realtà più complessa. Una realtà fatta di sguardi duri, di tensioni non dette, di dinamiche silenziose che decidono chi può appartenere a un luogo e chi no. È il lato meno raccontato del surf. Il lato che spesso si preferisce ignorare, ma che chiunque abbia frequentato uno spot per abbastanza tempo ha sperimentato sulla propria pelle: il localismo.

Il localismo non è un concetto astratto. È qualcosa di tangibile, che si respira nell’aria prima ancora che si manifesti. È uno stato d’animo collettivo che trasforma uno spot in un territorio, un territorio in una patria, e una patria in un fortino da difendere. A volte è silenzioso, altre volte è feroce. A volte è giustificato, altre volte profondamente sbagliato. Ma c’è. E agisce. Divide. Regola. Separa.

Questo libro è nato per esplorare questo confine. Il confine tra appartenenza e possesso. Tra protezione e chiusura. Tra cultura e prepotenza. È un invito a guardare dentro, più che fuori. Perché prima di giudicare il comportamento degli altri, dobbiamo osservare le radici delle nostre reazioni. Prima di tracciare confini esterni, è bene esplorare quelli interiori.

Il localismo può essere una forma di amore autentico, un sentimento di responsabilità nei confronti di un luogo che ci ha dato tutto. Ma può anche degenerare in odio, in esclusione, in paura mascherata da fierezza. La differenza non sta nel sentimento in sé, ma in come lo viviamo. In come lo esprimiamo. In cosa scegliamo di fare con ciò che proviamo.

Ho scelto di scrivere questo libro non per dare risposte, ma per porre domande. Perché il surf non è mai stato, e non sarà mai, una disciplina chiusa. È un viaggio. E come ogni viaggio, ci chiede di spostarci, dentro e fuori. Di metterci in discussione. Di osservare. Di ascoltare.

Queste pagine non sono una condanna del localismo, né una sua celebrazione. Sono una riflessione. Una voce tra le tante. Un racconto nato dall’esperienza vissuta e dalla voglia di restituire qualcosa a chi, come me, ha amato profondamente il mare. E ha visto in certi sguardi, in certe tensioni, in certe esclusioni, non solo fastidio… ma dolore. Paura. Solitudine. E un desiderio mal espresso di proteggere qualcosa di sacro.

Che tu sia un local, un viaggiatore, un principiante o un surfista esperto, spero che questo libro possa toccarti. Perché, alla fine, il mare ci parla tutti allo stesso modo. Senza preferenze. Senza etichette. Senza bandiere. Solo onde. Solo ascolto. Solo verità.